La natività della Vergine

Di Lavinia Fontana (1552-1614)
L’opera venne eseguita, probabilmente fra il 1590 ed il 1595, per la cappella dei Ghelli Paleotti e Calderini nella chiesa di S. Biagio dalla quale proviene.
Figlia ed allieva di Prospero Fontana (1512-1597), uno dei massimi rappresentanti del manierismo bolognese, Lavinia fu nota ai suoi contemporanei, non solo per essere una delle rarissime donne pittrici, ma anche per indubbi meriti artistici. La sua rigorosa adesione alla Controriforma la portò a dividere il proprio tempo fra Bologna e Roma dove, soprattutto alla corte di papa Gregorio XIII Boncompagni, svolse un’apprezzata attività di ritrattista, continuando ad eseguire anche dipinti a soggetto sacro o mitologico.
In questa pala la pittrice tratta in modo umanissimo il tema che forse sentì particolarmente vicino al suo essere donna, e immerge i suoi personaggi in un ambiente completamente buio, dove i vari episodi vengono rivelati solamente da alcune fioche luci.
In primo piano, le fiamme di un camino illuminano una fantesca che lava la neonata in un bacile, fra due giovani donne che scaldano al fuoco pezzuole e fasce, mentre un cagnolino ed un gattone si disputano il poco spazio rimasto presso il bellissimo alare. Dietro queste figure, un solco di buio profondo, che taglia in diagonale tutta la composizione, porta le sguardo verso il fondo dove S. Gioacchino, il padre ed unico uomo presente, ringrazia il Cielo per l’evento, appena rivelato dalla fioca luce di una lampada che illumina anche l’allegorico passaggio di un bacile da una vecchia ad una giovane donna. A destra invece, la luce di una candela mostra S. Anna, ancora coricata, che sta sbucciando una delle mele offerte su di un vassoio da un’inserviente, mentre un’altra passa sotto le coltri uno scaldino di rame, pieno di braci.
L’opera, bellissima, appartiene alla piena maturità dell’artista, quando pare accorgersi della riforma carraccesca e tenerne conto.